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Mi han derubato dei sogni perduti
della mia vibrazione argentina e squillante
son orfano di quelle speranze
infrante su quello che è umano
su quel ch’è normale
su quel che la gente s’aspetta … che vuole
sui bisogni inventati … sulla roba e sui soldi
Partimmo superbi il mondo a cambiare
noi restammo gli stessi, però.
Intrisi e inzuppati di quel che c’avevan passato
dei loro valori che noi contestammo
bevendoli assieme … e cambiando negli anni
Dei molti partiti mi vedo d’intorno
altrettanti fermati e silenti
Così … rassegnati, convinti da questo sistema
qualcuno alla gogna, ma pochi
qualcuno, ancor meno, ch’è morto su un rogo.
Son pochi però che sono rimasti com’erano allora
e non parlo soltanto d’idee ma del suono dell’anima
del senso, del vero motivo
di quel che vedemmo al di là della nebbia
Tristezza? Non credo!
Delusione e mestizia, non fanno per me
ho vissuto e sto ancora qui … e rido e gioco
e bevo, se ho sete, sia vino che birra.
E vedo … si vedo, scusatemi tanto
al di là di quel che noi siamo, purtroppo
comunque comincio da me
Ed ancora cercando l’oscuro compete
una gara di sangue giocando
pavoni a vantarsi d’avere inventato la guerra
Del Dio degli eserciti, noi, cantiamo le lodi
di quei suoi giocattoli orrendi
leviamo il peana
Vibrando d’assurda bassezza
cercando materia di fango e dolore
Buffoni, arlecchini vestiti da Boia
Dove tutto è perfetto
noi siamo la faccia più scura.
Dimenticando noi stessi
siam sordi e siam ciechi
di quel che noi siamo
spegnendo, impazziti, la nostra scintilla
vantandoci delle nostre bombe.
Il perdono non è necessario
il conto verrà, comunque, pagato
con milioni di vite, presenti
future e passate
dove il tempo non ha nessun senso
nella parte più cupa dell’Uno