You are currently browsing the monthly archive for ottobre 2010.
LA CICALA, MINI TRIBUTO A RODARI
Di Giandiego Marigo
Nasceva il 23 ottobre di novant’anni fa e forse avrebbe anche potuto trascinarsi sino a questi nostri anni , ma, evidentemente, aveva scritto altro sul libro del suo destino il buon Rodari.
Sicuramente s’era impegnato con i suoi angeli e le anime dei suoi consiglieri a fare della sua vita un traccia ben visibile ed indelebile, a portare l’insegnamento ed il punto di vista d’un mondo altro, laddove i cuori e le menti erano più ricettivi e magnificamente capaci di comprendere e di impostare vita…sapienti! Di quella sapienza che è la capacità di accettare il mondo. Ha parlato all’anima dei bambini e degli adulti attraverso loro.
Egli fu, la dimostrazione pratica, tangibile ed inappellabile di come un punto di vista possa, se elaborato , diffuso e supportato da coerenza e fede divenire universale. Sì perchè Rodari lo è universale . Io non sono uomo da commemorazioni e celebrazioni, vanno contro la mia natura fondamentale. Aborro gli intellettuali che riempiono di astrusi riferimenti e di dotte citazioni il proprio percorso, quindi mi limiterò ad una riflessione su una goccia nell’immensa, fortunatamente, produzione dell’uomo di cui stiamo parlando…una sorta di poesiola zen.
Chiedo scusa alla favola antica
se non mi piace l’avara formica
io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende…
regala!
(da Filastrocche in cielo e in terra – Gianni Rodari)
Giocando al gioco del critico e dell’intellettuale conseguente, del magnifico deduttore di profondi sensi…ed irridendo un poco questo ruolo, prendendomi in giro come, probabilmente, avrebbe fatto il Rodari medesimo.Il ruolo della poetica è quello di sintetizzare, in un concetto, in una frase un afflato dell’anima, Rodari è pedagogo, favolista educatore e non perde l’occasione di insegnarci qualche cosa. Quanta verità racchiusa in una filastrocca…da confondere.
Come il favolista che è egli gioca con la sintesi e la metafora, con il senso e la parola e con l’uso delle immagini della fantasia infantile.
Molto si sottovaluta l’input che viene immesso nella mente dei bambini quasi che non fosse nei primi anni di vita che si formi il carattere ed il modo in cui il mondo verrà poi affrontato, a volte si delega, molto ad altri questo input o si accettano immagini e modelli stereotipi, che vengono proposti dalla società e dal potere.
Questo avviene ancora e sempre per questa convinzione, radicata anche negli alternativi, che esista una base comune…al di fuori ed al di sopra, dell’unico pensiero comune e della kultura che il potere permette arrivi sino a noi, ci si culla nella convinzione che sia in una seconda fase, più matura che si formino le convinzioni e le visioni di mondo…il senso critico. A mio umilissimo parere mai come ora è stato così falso. Torniamo però alla filastrocca sulla quale mi ero impegnato a rimanere.
Anche io sto con la cicala, per una serie di ragioni…non mi piace la proposta di mondo della formica, questo intruppamento…la dedicazione totale dei molti all’unica, mi spaventa. Il ruolo della regina e del formicaio è un’immagine assolutamente terrorizante, così come non approvo il meticoloso risparmio per un domani assolutamente incerto, risparmio che poi si trasforma in quello dei sentimenti, dell’empatia…della compassione.
Il modo di stare nella natura di sora formica è troppo simile a quello dell’uomo, devastante, esclusivo, propietario. Sebbene, certamente l’uomo sia persino peggiore essendo parassitario, mentre quello della formica non lo è.
La cicala invece vive di quel che c’è il qui ed ora, cantandone le lodi e regalando al mondo gioia e spensieratezza.
É leggera dove l’altra è pesante.
Non perfora il terreno!
Non accumula!
Non ricerca risorse, sfruttandole!
Non fa campi di concentramento!
Non crea eserciti!
Non ha interesse nella conquista!
S’appoggia e canta e non per questo non pensa a sé stessa, ma vive l’estate…perché quello è il suo tempo.
Non cerca scampoli di eternità nell’accumulo dei beni…nel furto organizzato e sistematico, non piega la natura ai suoi bisogni.
É sciocca, vanesia, imprevidente? Non credo è naturale, mentre la formica della fiaba non lo è…metafora d’uomo.
Pensata per insegnare il risparmio e la cautela, l’accumulo, il modello della società che piega la natura alle sue esigenze investendo sul proprio domani e creando i granai…ed i padroni dei granai…non mi piace.
Son tempi di crisi questi…milioni di formiche hanno studiato ed elaborato modi di accumulare, di conservare, ne han fatto cultura, menandone vanto.
Come se il costruire magazzini fosse indice di civiltà.
Come se il concepire cose da collezionare e conservare fosse segno di genio.
Come se l’allevare altri animali per il macello fosse segno di superiorità.
Quando poi viene il tempo di vivere con quello che c’è non si è capaci di farlo ed il qui ed ora, anziche essere la normalità diviemne appannaggio di veri o presunti maestri.
La mancanza di un deposito pieno crea scompiglio, dolore, senso di privazione.
Io non metto in dubbio che sia dolore vero, ma quanto meglio vive la cicala…che sa cantare il nulla, che è grata del semplice essere…del sole e del vento. Che non accumula, perché nulla si porta dove stiamo andando
Quel che vi chiedo io
è la ragione per cui si fan le cose
vorrei da voi saper di quel che è dentro
che da motivazione
Di quel di cui, parlando,
non si spiega che quasi mai si dice
spiegatemi potendo
di chi a gran voce chiede
guerra e sangue
Di chi poi questo fa…nel quotidiano
seguendo giorno al giorno
progettando d’altri lo sterminio
come se questo non pesasse nulla
Dove mai la troveremo
ed inventando
produrremo ‘sta ragione
d’alzar la spada parlando di giustizia
quasi fosse diritto l’ammazzare
come se fosse nostra la vendetta
Dove è fuggita dov’è mai andata
l’anima del mondo Dove la nostra
dove la coscienza a vergognarsi
Quante nascite ancora…e quante morti
per ripulirci di questa sozzura
Quante volte ancora ricadremo
Fango e sporcizia sanguee distruzione
nel gorgo insulso di quest’odio
che è insensato
che quotidianamente ci condanna
Quello che scrivo oggi forse non piacerà
sarà certo al di là dei vostri modi
degli antichi pretesti al benpensare
al prender tempo al non raccontare
all’omettere sì ed in fondo anche al mentire
trovando poi le soluzioni contingenti
l’armi del pragma e di ciò che fa realismo
le pezze d’arlecchino della storia
Io predicando a canne e a vento vado
ma non perché son pazzo o frastornato
Io non vi chiedo un mondo nuovo
sol perchè sono malato di follia
nemmeno perchè sogno o perché spero
Io ve lo chiedo perché voi sappiate
che il nostro vecchio gioco al rimandare
è ormai quotato a zero
Zero al volore, zero al tempo zero la prospettiva
l’intorno sta cambiando attorno a noi
non si può non vedere! E’ lì evidente!
Con il deserto…che avanza e con la guerra
che spunta in ogni angolo del mondo
e la fame…e la disperazione
Con quegli impegni presi per scherzare
che il mondo ricco non vuole mantenere
Ogni giorno una nuova barca prende il mare
e un disperato parte lasciando la sua casa
per inseguire il sogno luccicante
d’un mondo sufficente ai suoi bisogni
non lo vedete voi non è una moda
non sfizio o gioco è un’era nuova
tempo di migrazioni
l’epoca dei viandanti è cominciata.
Voi cosa vi proponete?
Voi costruirete un muro?
Metterete una mitraglia a sorvegliare?
Non basta, non risolve…proprio non lo capite?
I tempi stan cambiando
l’Impero cade…ascoltatene il fragore
Un nuovo paradigma un nuovo giorno
Un mondo nuovo ci serve per sperare
per rinnovare la voglia di un domani
sarà così! Che noi si voglia o no l’intorno cambia
sebben con nostro peso c’opponiamo
Pesiamo molto poco quasi niente