You are currently browsing the category archive for the ‘teosie’ category.
Così è che Verità è piegata
insieme alla Giustizia prostituta
in un racconto che è quel che si conviene
quel che s’adatta … ai bisogni del potere.
Asservita e succube, da servi sciocchi narrata
e rinarrata al volgo … che t’assorbe,
povera verità parata a lutto.
In quei che sembran vati sei assoluta,
fonte d’ogni saggezza
eppure sei, anche lì, sfruttata e triste
in un racconto ch’è parziale
fatto di affermazioni
Premetton sempre lor ragioni al tuo narrare
e fan di te relativistica visione
Che di stoltezza tu sia compagna è strano
non è in natura per te che sei valore,
ma si sa, chi ti racconta ha vinto … prima
Chi pensa possederti ha il potere
e ti fa creta in mano per raccontar sé stesso
Povera verità puttana e triste.
E sceglie il tuo colore, tu che sei fragile
eppure anche assoluta.
Traspari a volte con testarda costanza
persino in chi tu usa.
Eroica verità senza vergogna.
Nessuno vuol sentirti veramente
troppo gli narreresti dei difetti, delle mancanze sue
o delle prepotenze e del possesso
Racconteresti un mondo ch’è senza compassione
che non sa condividere né il pane, né il bisogno
Povera verità sei preda ambita
d’ogni intellettuale e parruccone
che poi ti svende un tanto all’etto e al chilo
Son piccoli … quei passi, che compie civiltà
Uno va avanti e tre tornano indietro
Flusso e riflusso sì, come un respiro della Storia
ansito di coscienza mentre lo spirito, permane lì!
Sin troppo spesso immoto, fermo e non cresce
Eppure lo sappiam, cresce da dentro
quello che conquistammo nasce in noi
Piccoli passi che quasi non li vedi
però li senti, attorno …
Oppure c’è il silenzio ed è l’assenza, il vuoto
silenti anime così incoscienti e stolte
torna barbarie e stupida arroganza
Sinchè tu riconosci antiche ruggini
foruncoli vecchi e purulente piaghe
che l’uomo porta in sé e che poi espone
quasi che fossero assolute verità
E impone il suo passato e le paure
le antiche e stupide visioni che ha
di quel che è vero e giusto e sacro
che chiama tradizioni … dice radici
Ma è solo Civiltà che torna indietro
Come nella risacca il rifluire
che appiana e che cancella
quello che è stato scritto sulla sabbia
Solo nell’anima si cela quel che vale
perchè l’ho detto! Viene da dentro
quello che conquistammo
Quegli occhi che vedon ben altro
lanciati oltre il limite stolto
di angusti e sparuti confini
di linee tirate a righello da uomini antichi
rinchiusi coi topi … in case blindate
serrate d’astuzia e egoismo
Quegli occhi che vedono altro
sfondando il muro del sogno
toccando realtà … con mani tremanti.
Cambiare comincia da lì
da quel che si vede … e non credi
da quel ch’è al di là dell’osare.
Morali bigotte e regole scritte col sangue
dei molti che dire non seppero … Sì!
Nei roghi sfumati nel tempo
che bruciano ancora le carni
d’eretici e vecchi ribelli
E di donne che dissero al mondo ignorante
d’un loro potere segreto.
Son occhi che guardano indietro
che vedono avanti, nel gioco d’un tempo gaglioffo
E torna e ritorna … non è mai andato via.
E vedi che scorre, che fluido si snoda
il fiume di questo racconto … né fine né inizio
Quel che dovremmo è difendere la Madre Nostra
Non già per un’idea, ma perché muore
per nostra incuria ed infima ignoranza
per l’egoismo nostro ed il denaro
per quella cosa assurda e folle che è il potere
Con essa, che lo vogliate o no
morranno i nostri occhi, il nostro cuore.
Una visione oscura che è pur sempre Dio
ed è per questo che risulta così infida
dell’egoismo e dell’accumulo,
di quello che sta nel buio e resta oscuro.
Quel che dovremmo fare
è il parlar fra noi d’una visione
e di quel modo impossibile e stupendo
in cui le nostre anime la sono.
Di quell’aspetto di Dio che è appartenenza
che è condivisione e sta in un cerchio
… in una sfera,
nel colore di quel Tao che dà più luce.
Dell’ Uno cupo, sfuggito per coscienza
per interiore conoscenza e vibrazione
Quel che dovremmo fare, dovremmo crescere
Accettare la sfida antica come noi d’essere parte …
abbandonare l’ìo cercando finalmente
d’essere noi, parte del tutto
non per un colore o per una bandiera
che sono luce e stoffa, ma per l’amore
che lui da solo ci darà salvezza
non c’è altra strada, non esiste alternativa
Quel che dovremmo è raccontar di noi, di Dio
la parte chiara ed accettar l’aspetto
di ciò che è oscuro eppure dentro noi
e conoscendo crescere … per scelta
Ed ancora cercando l’oscuro compete
una gara di sangue giocando
pavoni a vantarsi d’avere inventato la guerra
Del Dio degli eserciti, noi, cantiamo le lodi
di quei suoi giocattoli orrendi
leviamo il peana
Vibrando d’assurda bassezza
cercando materia di fango e dolore
Buffoni, arlecchini vestiti da Boia
Dove tutto è perfetto
noi siamo la faccia più scura.
Dimenticando noi stessi
siam sordi e siam ciechi
di quel che noi siamo
spegnendo, impazziti, la nostra scintilla
vantandoci delle nostre bombe.
Il perdono non è necessario
il conto verrà, comunque, pagato
con milioni di vite, presenti
future e passate
dove il tempo non ha nessun senso
nella parte più cupa dell’Uno
Quel che io credo
è cosa che si muove
scivola … e cresce
nel cambiamento intrisa
vedi essa si muta e trascolora
Sì come un’onda quando vaga e torna
mormorandoci un canto
Può cambiar nome
attraversando gli anni
e i giorni e i tempi
e modi … e mode
Però quel suo profumo
intenso ti permane
Non ha bandiere
anche se prende parte
nasce giù … dove il fango ed il sudore
eppure s’alza quasi a riempire il cielo
ed è ricchezza pur non essendo roba
Molti nomi gli han dato e li rifugge
chè libertà l’ intesse la colora
d’ogni generazione attende il passo
Ognuno poi racconta come sa
con le parole che conosce e può
ed il potere ne teme in ogni aspetto
Oggi è lo zanni ma poi si fa sapiente
e saggio, e Bhudda … domani sarà
eretico farneticante o pazzo
e ancora, canta, recita
balla ed imbratta tele
Son qui che vivo
ed io del suo sentore mi ubriaco
Del calore del magma …della voce del vento
del sospiro sospeso e il rumore stranito d’una grande foresta
della terra e del seme e del tempo che passa
Nell’andare e venire del mare
Nella furia mortale dell’onda
nella rabbia improvvisa del cielo
Nelle nuvole gonfie di pioggia
o sbiancati ciuffetti in un ala di brezza.
È la madre, è la Dea
Non può esserci solo il maschile
La vita che scorre, un bimbo che nasce
nel seme interrato che cresce
nel sesso e l’amore donato … desiderio e pienezza
Un racconto narrato da voci di donna
non scritto d’antica saggezza compiuta negli atti
Un esempio che è vita … una vita ad esempio
(La scultura raffigurata è di Francesco Uccheddu)
Testimone son io di questi anni
che di stoltezze e di vergogne antiche
e nuovi inganni … eh sì ne han visti tanti.
Passare dentro al tempo e nella storia
Uomini di potere affastellati
fra loro fortemente raggrumati
che si inventaron saggi e assai sapienti
ed eran stolti e sciocchi ed ignoranti
Cose già viste in un mondo senza tempo
di vecchi camerieri e ignote serve…
Compunti maggiordomi con tanto di marsina
che visti da qui sotto
sembravan d’esser re ed erano servi
Stupidi burattini aggrovigliati.
Noi qui … stupidamente a far di conto
insultando le pale a luridi mulini senza vento.
Testimone son io ma siamo tanti
troppi … ci accontentammo d’uno ruolo
d’una comparsata alla commedia
… solo una maschera
d’esser coscienti e del saper vedere
del saper leggere e non facemmo altro
… sinché più non capimmo.
Ed ora e qui vivamo in confusione
con la modernità che si fa beffe
camminandoci in faccia e sopra al cuore.
Schiacciati dentro a un vortice selvaggio
che parla lingue antiche eppure nuove.
Non trovammo parole e le ragioni
… che in fondo oggi
è un giorno buono come un’altro per morire
Vivemmo la paura qui … sopravvivendo
ai nostri anni ed alla nostra storia
Costruendoci attorno una bottiglia
perchè la merda non ci schizzasse addosso
Ma essa entrò dall’alto e dentro al collo
sino a imbrattarci … sporchi ed odorosi come tutti
C’è qualcosa più in là! Non v’è alcun dubbio
l’umanità non può…finire in questa pozza
di sangue e vomito … di rabbia e nausea
Ci dev’essere qualche cosa più in là
o sopra o sotto, anche di fianco sai …
purchè sia lì per consolarci il cuore
ed anche un poco per conservarci l’anima
E non ci importa di dargli un nome ed uncolore
Non ci interessa che abbia una bandiera
Basta che sia qualcosa
per cui valga la pena, che abbia senso
che possa riempire i nostri cuori …
anche per poco, Sì! Anche per sempre
e non solo di odio e di rancore
Qualche cosa che stia più in là
di questi muri … di queste foreste d’antenne
del filo vostro fatto di spine e di cancelli
Qualche cosa che sia dell’uomo e dell’universo
Condiviso ed unito
Diverso ed uguale
Sicuramente c’è io l’ho sentito
dentro di me, mi parla tutti i giorni
eppure … io diverso ed io eguale
e in fondo sempre io … che cosa vale?
Anche soltanto un sogno, una chimera
datemi qualche cosa
che non sia codesta merda e il fumo suo
In questo mondo uguale in ogni giorno
In quest’umanità così confusa … e crudele
In quest’egoismo … In questa competizione
Che gara triste sì, che triste gara…
non c’è premio alla fine
non c’è medaglia …
perchè là dove si deve
alla fine sai si arriva nudi
eppur ve l’ho già detto … ed io lo so
e solo il tuo percorso ha qualche peso ..
se non altro per te
per fare in modo d’addormentarti in pace
Anime sparse … camminano
riempiendo il largo … invadendo lo stretto
scorrendo su strade e piazze … alla ricerca
di quella luce che s’inventarono
per ritrovar la strada quand’erano lontane
D’antichi libri e polvere e vecchie parole
sempre le stesse … con le medesime storie
sempre quelle.
C’illusero d’essere unici
ci fecero individui originali.
Noi che eravamo branco
ci ritrovammo soli
e ci dissero … inimitabilmente unici
e ci narrarono la medesima favola
uguale per tutti … ma uno ad uno.
ad ognuno convincendo d’essere il solo
l’unico che l’ascoltasse … ed il migliore
e ci divisero per stabilir per sempre
chi fosse il più forte … chi avesse il potere
ed ora vaghiamo cercando soluzioni
dimentichi d’essere noi, prigionieri dell’Io
anime sperse che cercano un posto
un luogo … una magione avita dove poter sostare
noi che potremmo, noi che siamo nel tutto
noi che siamo parte d’un infinito amore
noi che dimentichiamo … noi che ignoriamo
noi che ci siam perduti …
e loro che ci han guadagnato