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Trasciniamo le nostre carcasse
per le piazze d’un mondo
che stolto ripete
soltanto sé stesso
in un gioco di specchi e richiami
Il racconto si fa citazione
ripetendo noiose parole svuotate dal senso
Anche i libri più sacri
alla fine son solo monnezza
altari dorati della supponenza
La voce rimbalza e rimane soltanto
il rumore del nulla,
il vuoto di chi si ripete
Non c’è pessimismo né gioia
non c’è depressione o euforia
le parole son sempre le stesse
girate, spalmate, rimesse in file ordinate
Non diciamo più nulla da anni
eppure riempiamo l’intorno del nostro brusio
Mentre gli anni ci passano addosso
da una parte il potere … dall’altra follia
i ragazzi si giocan la vita
dentro a reti sottese nel vuoto
dentro a stadi riempiti
in ricerca di un filo dorato
Nuovi miti inventati al momento
venduti al discount della vita.
Il pianeta, correndo nel cosmo
scrollerà prima o dopo il suo parassita
ripeti, copia e cita
Siam tormentati dal solito
morsi e frustrati dalla banalità
e si ripetono frasi
di circostanza e inutili
così solo nel gusto
di dire qualche cosa
e noi ci ripetiamo … arrogandoci
di convinzioni assurde di unicità
L’umanità cita sé stessa
nell’infinito vortice d’un mondo inutile
privo di fantasia
o disperato d’un continuato e immeritato furto
e siamo sempre lì …
amore cuore e mamma
a ricoprire la monnezza e lo sporco
dell’uomo solito …
senza coscienza e senza pentimento …
privo di compassione
il mostro dell’egotismo è smisurato, forte
si nutre ingurgitandoci di tutti noi …
d’ogni conflitto e d’ogni ripetizione
essere umano assurdo … campione d’ogni stoltezza
tu che ti giudichi
per condannar te stesso alla stupidità
di giandiego
Ne parlo spesso ultimamente, il richiamo all’attraversamento biblico (forse mai avvenuto, per altro) è evidente.
Il mio deserto però non è solamente quello della mera partecipazione pseudo-politica … esso è conseguenza e non motore, in realtà la partecipazione avviene, per ragioni sbagliate a mio umilissimo ed inutile parere, ma avviene.
220.000 ad un concerto, più annessi e teledipendenti non possono essere ignorati. Le file infinite con campeggio agli outlet o davanti ai grandi rivenditori di tecnologia, nemmeno. Il popolo del tifo calcistico o quello dell’adorazione iconografica del guru infallibile di M5S ancora meno.
I francesi e gli Italiani sulle strade del Tour o del Giro … sono lì a dimostrare che la gente c’è ed esce dalle sue case.. Salvo poi essere quegli stessi che lincerebbero un nero solo per il colore della pelle e sulla base di un equivoco e che omettono di difendere i propri diritti calpestati.
Un poco come i popoli che riempivano le piazze dei tiranni 900centeschi o quelli moderni che cacciano gli stranieri, naturalizzati e nel pieno diritto, dalle case popolari a Tor Bella Monica. Ci sono quindi anche se per ragioni terribilmente stupide.
Il mio deserto è molto più sottile, terribile e persistente ed è legato alla coscienza, ai valori, alle scelte di vita. Della visione del futuro e del presente, delle speranze che si covano in petto e che a volte si condividono con altri in cerchio … o anche solo passeggiando per le strade di una città.
Il mio deserto è quello del sentire comune, che ignora il Congo ed il dramma eterno dell’Africa provocato dalla nostra arroganza e dalla volontà, genericamente occidentale, bianca e primomondista di permanere nei propri sprechi e nella propria ostentazione di benessere formale.
Il mio deserto è quello di quel che si dice e si fa, quasi senza sapere, inconsapevolmente bevendo un caffè in una mattinata qualsiasi … o in Lunedì ipotetico di una qualsivoglia settimana dell’anno. È fatto di discorsi e luoghi comuni, di frasi fatte ripetute all’infinito … è il deserto della propaganda sistemica, delle teorizzazioni di Goebbels, che con la sua ombra nefanda aleggia sulla modernità.
Il deserto ch’io temo è spirituale, costruito sulle convinzioni dogmatiche di religioni preconfezionate inventate e volute dagli stessi che inventarono la Guerra. Il senso è ovviamente metaforico non sono un imbecille che pensa ad un uomo che l’abbia davvero inventata.
Guardandomi attorno mi vedo, troppo spesso solo, e la condivisione eventuale e, sempre più spesso parolaia e formale … vuota ed occasionale, legata al momento, anzi addirittura all’incontro accidentale, virtuale o meno. Un tempo le si chiamava parole di circostanza … chissà come le definisce oggi la modernità.
Attraversare il deserto, nella metafora biblica, il popolo d’Israele non lo fa da solo, individualmente, ma in gregge (certo l’idea razziale di superiorità e legame univoco al divino è sempre presente, ma non ci avrebbero scritto un libro altrimenti) Oggi non ci è dato nemmeno quello, perchè sin troppo spesso le condivisioni di percorso sono persino più formali delle parole di circostanza che prima citavo.
La realtà oggettiva, cui si richiamava spesso Stalin per giustificare sé stesso, impone questo viaggio, ma l’aridità dell’intorno è tutta nostra, personale ed interiore. L’assenza di oasi o di gioia … o più semplicemente di una condivisone compassionevole, così come la mancata nascita e crescita di comportamenti altri e diversi da quelli del sistema … dipendono da noi e siamo sempre noi a negarceli. Noi a svuotare del senso spirituale ed ideale i nostri convitti, noi ad affidarci al pragmatismo dogmatico e sterile nelle nostre polemiche … Noi ad ignorare i contenuti , il senso, l’essenza e lo spirito nelle scelte che operiamo e melle strade che intraprendiamo. Noi che non parliamo mai di noi, ma sempre d’altro d’esterno, economicista, formale e strutturato … lontano dal senso del nostro camminare sulla sabbia.
Ma … esiste o no
un rimedio per l’imbecillità?
Oppure , come pare,
essa divora sapienza
deride sproloquiando conoscenza
nutrendosi d’arroganza e di stoltezza?
Non c’è cura … io temo
e non c’è vaccino
per la demenza che costruisce muri
che stabilisce diritto e proprietà
non c’è rimedio od argine
per i costruttori di porte
per gli inventori di balzelli
Non c’è difesa da chi
sa misurar sé stesso e il mondo
per il colore della pelle
o degli occhi
per chi non ha orizzonte
o, peggio, per chi ce l’ha
e lo nega
chi limita a righello propria patria
chi non capisce o non sa
che l’universo è Uno!
O peggio chi lo sa
e lo nega
Quel che dovremmo è difendere la Madre Nostra
Non già per un’idea, ma perché muore
per nostra incuria ed infima ignoranza
per l’egoismo nostro ed il denaro
per quella cosa assurda e folle che è il potere
Con essa, che lo vogliate o no
morranno i nostri occhi, il nostro cuore.
Una visione oscura che è pur sempre Dio
ed è per questo che risulta così infida
dell’egoismo e dell’accumulo,
di quello che sta nel buio e resta oscuro.
Quel che dovremmo fare
è il parlar fra noi d’una visione
e di quel modo impossibile e stupendo
in cui le nostre anime la sono.
Di quell’aspetto di Dio che è appartenenza
che è condivisione e sta in un cerchio
… in una sfera,
nel colore di quel Tao che dà più luce.
Dell’ Uno cupo, sfuggito per coscienza
per interiore conoscenza e vibrazione
Quel che dovremmo fare, dovremmo crescere
Accettare la sfida antica come noi d’essere parte …
abbandonare l’ìo cercando finalmente
d’essere noi, parte del tutto
non per un colore o per una bandiera
che sono luce e stoffa, ma per l’amore
che lui da solo ci darà salvezza
non c’è altra strada, non esiste alternativa
Quel che dovremmo è raccontar di noi, di Dio
la parte chiara ed accettar l’aspetto
di ciò che è oscuro eppure dentro noi
e conoscendo crescere … per scelta
Ed ancora cercando l’oscuro compete
una gara di sangue giocando
pavoni a vantarsi d’avere inventato la guerra
Del Dio degli eserciti, noi, cantiamo le lodi
di quei suoi giocattoli orrendi
leviamo il peana
Vibrando d’assurda bassezza
cercando materia di fango e dolore
Buffoni, arlecchini vestiti da Boia
Dove tutto è perfetto
noi siamo la faccia più scura.
Dimenticando noi stessi
siam sordi e siam ciechi
di quel che noi siamo
spegnendo, impazziti, la nostra scintilla
vantandoci delle nostre bombe.
Il perdono non è necessario
il conto verrà, comunque, pagato
con milioni di vite, presenti
future e passate
dove il tempo non ha nessun senso
nella parte più cupa dell’Uno
Cosa diremo noi d’aver permesso
che alcuno cavalcasse il nostro peggio
per proprio tornaconto e per potere
per l’apparire e la gloria o per un voto
Così d’esporre al mondo
d’umanità la faccia più crudele
Che delle differenze inventate sul momento
egli facesse scempio
Che si ponesse a guardia
d’una purezza ch’era inesistente
Che s’arrogasse di noi rappresentare
dell’egoismo nostro e la paura
creando confini improvvisati
e costruendo muri fatti di calce, filo spinato e sangue
Cosa diremo noi
raccontando alla Storia nostra vergogna
Che nel silenzio accogliemmo
ogni deformazione … e d’ogni vizio e follia
facemmo incetta o permettemmo il farlo
Acconsentendo, tacendo, che linciaggio
divenisse linguaggio anche dei nostri tempi
Come racconteremo nostri cappucci bianchi
nascosti nelle tasche e dentro al cuore
D’ipocrisia e di croci infuocate,
di forche improvvisate e del razzismo
di queste nostre gabbie
e che fingemmo il non vedere
così spesso
Più d’una volta e sempre
nella spirale ripetute e triste
di questo nostro nostro cammino secolare
Fare poesia con quel ch’è male
e ch’è l’anima nera è assai difficile
le parole s’ingroppano
o fanno resistenza cercando il meglio
di noi … che non si vede, non certo adesso e qui
di giandiego
È funzionale al gioco micidiale di chi detiene il vero potere nel mondo che ognuno sia schierato in un piccolo campo, delimitando il proprio intorno a suon di cazzotti … tifoso della propria fazione, perchè è dell’energia che scaturisce dallo sfregamento di queste fazioni ch’essi vivono, anche.
Delle armi vendute a ciascuno dei contendenti, le stesse … per la difesa insulsa di verità diverse ed ugualmente parziali ed inventate apposta perchè si perda tempo e vita a difenderle.
Loro vivono dell’economia costruita sulla paura (della morte, della malattia, del nemico, del diverso, dell’altro, della perdita … della povertà, del bisogno, della rabbia crudele di una divinità inventata) e sulla necessità di difendere la propria inutile e farsesca “proprietà privata” i propri valori appiccicaticci e raffazzonati intorno a false bandiere.
Loro (questi loro che alla fine in un modo o nell’altro siamo sempre noi, basterebbe volerlo) che possiedono il mondo ragionano su di noi come con i piccoli carri armati diversamente colorati d’un Risiko impietoso
Dove morti, feriti e nazioni perdute o conquistate sono solo statistica.Dove la vita e la morte fan parte d’un gioco a dominare, d’una stupida gara a chi è più forte o ce l’ha più lungo . Il tifoso però questo non lo sa … o non lo vuole sapere (in realtà l’evidenza è lì, basterebbe guardarla), finge di non vedere ciò che è evidente per lui conta solamente la bandierina insulsa della sua fazione ed è tanto più sciocco, ridicolo e tragico che sia così, facile, vedere quel che è evidente .
Tanto facile quanto lo è negarlo, lasciandosi andare all’ipnosi ed al non-pensiero che sorregge ed assopisce il dolore della coscienza, illudendosi di vivere il miglior mondo possibile.
A chi guadagna su tutto va bene così , non importa affatto chi sia il terrorista, l’importante è che ci sia e che faccia paura. Non è affatto importante sotto quale bandierina del cazzo, compia la propria tragica, assurda impresa, anzi se gli mancasse una qualsiasi bandiera, gliela regalerebbero … cucita e colorata per l’occasione. Inventando per lui confini e campanili … ragioni per cui morire e frontiere invalicabili da difendere … qualche divinità gelosa e crudele da glorificare
Suvvia un nemico da odiare non si nega a nessuno, una bella fazione contraria da distruggere fa bene al mercato.
Nulla rilancia un’economia meglio di una bella guerra … ancor meglio se butta giù tutto. Non importa per chi muore … l’importante è che non manchi mai un Kamikaze disposto ad immolarsi per un’assurdità qualsiasi.
Perchè questo è il Sistema … questo è il migliore dei mondi che li ha fatti così ricchi e sempre questo è l’Unico Mondo Possibile che li manterrà dove sono.
(Farneticazione di fine anno, in atto unico ed irripetibile, di Marigo Giandiego)
La Robotica antropomorfa è ad otto anni da qui, questo non lo dico io, ma la scienza.
In Giappone già si realizza una fabbrica totalmente robotizzata. Forse i marxisti più raffinati contesteranno che la robotizzazione non ha senso e non può affermarsi in un mondo capitalistico fondato sulla concorrenza e l’appropriazione del Plus Valore … che questo discorso avrebbe senso solo in un sistema monopolistico e globalizzato … appunto!
Non sto delirando, e non vi sto parlando del mio prossimo romanzo, non sono un complottista (non spesso quantomeno) e nemmeno un cretino, ma un socialista … Però, forse dovremmo renderci conto di cosa stia succedendo.
Il lavoro sta scomparendo e con esso l’esigenza di forza lavoro e la risposta dell’élite sarà la depopolazione. che permette loro di riprodurre il loro potere e mantenere questo livello tecnologico con una popolazione mondiale più che decimata (Kissinger negli anni ’90 all’ O.N.U. Parlò di una diminuzione drastica del 60/70%)
Mentre tutto questo avviene , noi, prigionieri di “parametri novecenteschi”, incapaci di leggere e comprendere il nuovo … sordi e miopi, permaniamo sui nostri slogan stantii , continuiamo a raccogliere vecchie bandiere polverose, gloriose ed indimenticabili, ma non per questo meno inutili… Difendiamo il lavoro, cerchiamo il “lavoro per tutti” in uno sfondo in cui il “lavoro umano” sta deventando obsoleto… mentre società liberali, con solo vaghi fondamenti socialdemocratici, ma di scuola Keynesiana si rendono conto di quel che sta accadendo ed in Svezia viaggiano spediti verso la giornata lavorativa di sei ore, che verrà presto ulteriormente ridotta e la Finlandia si interroga sul reale significato del Reddito di Cittadinanza e lo motiva con la graduale scomparsa del lavoro umano.
Nessuno si salverà, perchè la media borghesia o middle class è proprio quella destinata a regredire maggiormente.
Tendenzialmente la cibernetica viaggia verso l’intelligenza artificiale e quindi verso le macchine che costruiscono e riparano altre macchine ed imparano, avendo a disposizione una memoria praticamente infinita, eidetica e fotografica.
Annullando l’intervento umano, anche in fase di programmazione e costruzione. Per farla molto breve, ma senza per questo dire stupidate … In un quadro come questo le prospettive possono essere due: Socialismo e ridistribuzione, condivisione ed opportunità controllo dal basso e modificazione sostanziale delle filosofie, della spiritualità e delle regole del gioco, sostenibilità e cultura condivisa… oppure depopolazione violenta, Medio evo Tecnologico e Sistema Elitario Spinto e Post-capitalista con l’aumento a dismisura della forbice fra ricchi e poveri e conseguente abbandono degli ultimi … ed un serie di guerre su scala mondiale, ma controllata con l’uso delle tecnologie più moderne, devastanti e ad effetti collaterali contenuti (bombe al neutrino, per esempio).
Certo possiamo far finta che nulla stia accadendo, possiamo continuare a fingere che il pianeta abbia prospettive … possiamo continuare , tranquillamente, sorridendo e cantando a fingere di non vedere che l’èlite costruisce bunker, destinati ad ospitare la vita per centinaia di anni … possiamo fingere di non capire, nonostante ce lo dicano nelle loro serie televisive che stanno anche cercando scampo su altri pianeti.
Fantasie ed allucinazioni, certo, farneticazioni … senza dubbio. Stati di demenzialità conseguenti all’abuso di Cannabis … ovviamente e con un certo orgoglio, anche.
Cassandra? Ma se i troiani l’avessero ascoltata e se Omero ci avesse raccontato la storia com’era e non cantando la narrazione dei vincitori, oggi forse il mondo sarebbe matriarcale, mentre il Principio ed il Divino femminile, orizzontale e circolare, sarebbero la nostra base filosofica e spirituale. Follia chiamatela così se preferite … un gioco con il grottesco e l’assurdo di uno scrittore di Fantasy e Fantascienza … può anche essere, ma se vi capita, così, tanto per … pensateci.
Ballando sopra al baratro
stolti, superbi … assenti
incauti perigliosi … nell’intorno silente
E’ il ballo dei dementi al convegno dei pazzi
il racconto è deformato … non se ne afferra il senso
l’importante è si creda alle nenie del potere
Torre di Babele … confine della sapienza
sordi, ritardati, scatole d’incoerenza
tutti parliamo assieme smuovendo solo l’aria
pulpiti d’ignoranza altri pensan per noi
imboccandoci la vita ci insegnano la strada
armandoci la mano vestendoci da crociato
giocandoci la partita sino all’estremo limite
silenzio cerebrale mozziconi di pensiero
non serve per ballare conoscere la canzone
come buratti danzano sull’orlo della vita
balliamo intorno al baratro e non sappiamo perchè
Un piede posto è in fallo!Dentro allo stesso nulla
senza guardarci attorno! La mente ottenebrata
accompagnati all’ara bestie sacrificali
applaudendosi il sangue santificano l’assassino
vuoto della coscienza … anime silenziate
un cristallo scompone il senso delle cose
rimandandoci musica a nascondere verità
Forse c’è un messaggio
in una bottiglia vuota d’un mare senza approdo.
La marionetta danza e danza il burattino
Cadono le città crollando sulle mura
interi imperi crollano e muoion gli imperatori
solo il sapiente osserva dall’orlo di conoscenza