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“Che mondo lasceremo ai nostri figli?”
Quante volte ho sentito questa frase ripetuta
da padri preoccupati
che non facevan nulla per migliorar sé stessi
o il mondo a loro attorno
…troppo spesso!
“A noi hanno lasciato le macerie”
dice mia madre
fame, miseria e trincee gonfie di sangue
retorica soccombe per la nausea
se ancora sentirò questo rimbrotto
“che mondo lasceremo ai nostri figli?”
Fate qualcosa,
provatevi a cambiare
Dentro di voi, per poi cambiar l’attorno
Perché rivoluzione parte…sì…
da dentro al cuore
Dalle coscienze nostre
“Che mondo lasceremo ai nostri figli”
Sarà sempre lo stesso? Credo di no
almeno per stavolta
Temo
Con meno ossigeno ed un buco nell’ozono
Però saremo noi ad essere uguali
Sempre, purtroppo, uguali
Sino alla morte per noia o per consumazione
Non ci sarà nessun bisogno, però,che il mondo cambi
Noi ci accartocceremo su noi stessi.
Malati di retorica.
Parliam per frasi fatte
Ripetendo noi stessi…
all’infinito
È morta fantasia!
Questo è il problema
Al posto suo ora c’è un telefonino
Che suona sempre ed ha mille funzioni
Ma che in realtà non contatta più nessuno
Noi siam multimediali…collegati…
ed anche interconnessi…
Ma siam sempre più soli
“Che mondo lasceremo ai nostri figli?”
Sarà di certo il loro
Ed a quel punto non potran più farci niente
Se non odiarci,
per poi cambiarlo per quel che li riguarda
Speriamo in meglio
Così avremmo potuto e non abbiamo fatto…noi
Troppo occupati
Pianger passato e concepir futuro
Noi non ci preoccupammo del presente
Noi non facemmo niente
Speriamo che non sia così per sempre
Ho chiuso dentro il cuore il tuo sorriso stanco
Ed il tuo volto
Lì , molto vicino ho poi riposto, ogni tuo capello bianco
Io, che t’ho vista invecchiare…a volte senza grazia
Di fatica
Io , t’ho vissuta, così raramente donna
Tanto più spesso madre
Io che ho imparato
da quell’orgoglio…ch’era la tua maledizione
Tu, mi hai insegnato che non ho sempre ragione
Da te ho imparato, che strano, ad ascoltare
Ogni poeta ha cantato della madre
Ogni musico ha scritto poi di lei
Sin troppo facile
Io scrivo di una donna…oggi…si chiamava Luisa
L’ho conosciuta bene in questi anni
Molta strada io ho percorso insieme a lei
Consigliera silente ed amica sincera
Ha servito, servito e servito
Ma io l’amor per libertà lo debbo a lei
Che non ha mai chinato il capo
Che non ha mai curvato la sua schiena
Di fronte a nessun re, papa o potente
Io non l’ho mai sentita condannare
Nessuno a morte certa
Eppure io lo so che ha molto odiato
Ed ogni volta che mi guardo nello specchio
Rivedo il suo volto ed il suo marchio
Su di me
Non aiutatemi, vi prego, lasciatemi un po’ stare
Ch’io non debba, oltre al vivere
Aver la fatica di dovervi costantemente ringraziare.
Non aiutatemi, non posso ed io non voglio
Esser schiacciato d’obbligo nei vostri confronti
Non aiutatemi chè già è difficoltosa la salvezza
Senza essere io , il vostro salvamento.
Siatemi figli, fratelli, amici
Se vi garba, ma non aiutatemi…
Non aiutatemi più…
ch’io so morire anche per conto mio
Datemi, se ne avete un po’ di affetto o di amicizia
Un poco di rispetto…
Come quei pochi, che coprendolo d’amore
Mai pesarono l’aiuto.
Ne fecero complicità, condivisione …
dono
Abbiate, se v’aggrada, relazione…
Parliamo se volete di ogni cosa
Però io vi prego…
fatemi grazia
Non aiutatemi,
non aiutatemi più
Parlar di cose alte, intuendone il mistero
toccar le ali agli angeli, per catturarne il volo
Comprendere le parole nascoste dentro ai libri
Senza accampar superbie e farne delle torri
l’ascolto delle cose…
dei silenzi e dei rumori
comprensione e coscienza ed il senso dell’amore
Per ascoltar quel canto occorre l’umiltà
Per consentire al cosmico d’entrarti dentro al cuore
lasciando voce e spazio a ciò che è superiore
ammettendo d’essere solo un po’ più di niente
ma anche quel miracolo che non ha precedente
Contraddizione!
Il ritmo ed anche quel lucore
aprendo a quel silenzio la strada del tuo cuore
scoprendo nel profondo la forza di sentire
quel che non si pronuncia…ciò che non si sa dire
eppure sta nell’anima come se fosse scritto
leggendone, fra le righe di quegli antichi libri
quello che n’è rimasto
quel che non han cambiato
di quel che nostra spocchia, non rese poi un peccato
Perché l’arte dell’uomo è quella del mentire
Più che agli altri a sé stesso, perché non sa sentire
Poesia non vuol regolamento
Voce del cuore…non ama restrizione
E’ il frizzo della vita…essa è creazione
Fluir di sangue…silenzio…annullamento
E’ l’ascoltar di cose…è l’esser cosa
Vita e respiro dell’anima del mondo
Parole grosse, che escono da sole
Non c’è controllo ed il cervello è assente
Stringe allo stomaco confondendoci la mente
E ci riduce a un imbecille, a un deficiente.
Quante parole dedicammo alla pazienza
Elogi a tolleranza, teorie sulla bontà
E l’anima e la mente superiore
E l’ascoltare e via così dicendo
Riempimmo l’aria di teorie siffatte
Con gli anni dedicati alla coscienza
che nel cervello sia un quid di superiore
Che noi possiamo essere angeli
volendo
Noi ci riempimmo lo stomaco di boria
Di una superiorità mai dimostrata
di teorie
Ch’è dello spirito che siamo somiglianza
Non d’animali
Ch’è nei comportamenti che si distingue poi l’altezza
lo spessore ed il valor dell’uomo nuovo
PER ANNI RIPETEMMO E TUTTAVIA
Tutto giocammo per un secondo di follia
Tutto rischiammo per un attimo di rabbia
Quel che vi chiedo io è la ragione per cui si fan le cose…
Di quel che è dentro che sta a motivazione
Di quel di cui, parlando, quasi mai si dice
Di chi a gran voce chiede guerra e sangue…
E di chi poi, questo, fa…nel quotidiano
Dove mai la troveremo ‘sta ragione
d’alzar la spada parlando di giustizia
Dove è fuggita ora l’anima a ‘sto mondo
Dove avrà mai portato, a vergognarsi, la coscienza nostra
Quante nascite ancora…e quante morti
per ripulirci di questa sozzura
Quante volte, ancor, ci ricadremo
Fango e sporcizia
sangue e distruzione
Nel gorgo di quest’odio che è insensato
E che quotidianamente ci condanna
Voi la trattate come fosse vostra…
” LA ROBBA”
Discesa sopra a voi per editto divino…
vostro diritto
Però non è così…
noi ve la abbiam lasciata…
Girammo il volto, forse per viltà,
quando ve la prendeste
E non urlammo…e non dicemmo niente…
vi permettemmo
…Noi vi lasciammo fare
Voi, con il denaro, voi con le televisioni…
Voi dei giornali…
Voi con il potere
Con l’arroganza vostra che s’ingrassa
Ma, imparerete
l’anima nostra non si può comprare
Non si compra un’ idea,
né la salvezza
E scenderete, voi, nel giorno ultimo
Voi come noi…
spogli e senza “ROBBA”
Ed anche adesso, sotto il regale mantello
Voi siete nudi
Sono stanco Signore di non aver speranza
del peso assurdo di questo eterno camminare
Padre ho la malattia del non contare
son stanco di cambiare
Liberami Signore da questa stanchezza
e fammi grazia di un poco di certezza
Donami capacità di immaginare anche un domani
Fammi dono ti prego di una possibilità
Fai che i miei giorni si possano contare
in anni, padre non più in mesi…
Liberami dalle agenzie interinali
e dal tempo determinato.
Dammi dell’immaginazione il tempo lungo
quel che mio padre chiamava sicurezza
l’estraneo senso del potersi impegnare
Liberami Padre da questa rabbia…
da questa frustrazione
Dal dolore continuo della ricerca.
Dalla certezza che poi sarà per poco
son stanco padre…di fare il trimestrale.
Proteggimi dai tempi di crisi…
dalle contrazioni del mercato
Fai che anch’io conosca l’ebbrezza
dell’acquisto rateale,
del firmare una cambiale
fai ch’io possa accendere un mutuo.
Proteggimi dal mostro dell’emigrazione
Tu mi conosci Signore dammi grazia
fai ch’io mi senta nuovamente uomo